La vita del paese e della comunità da sempre è indissolubilmente legata a due elementi, che l’hanno fortemente caratterizzata e condizionata: la vicinanza del fiume Reno, fonte al contempo di sostentamento e di distruzione, e il carattere limitaneo della sua ubicazione, terra di confine prima fra domini poi fra province.
Di seguito si possono trovare approfondimenti sui periodi storici più salienti, dalle origini al Novecento.
Stemma e Gonfalone
Nella prima partizione compaiono i colori del Comune: quattro bande d’oro sono intramezzate da tre fasce rosse.
Nella seconda l’elemento figurativo racchiude gli elementi simbolici del paese: l’edificio medievale intorno al quale si raccoglie l’abitato, il fiume e la campagna. Nel dettaglio, sull’azzurro del cielo si staglia una torre quadra di mattoni rossi, vista in prospettiva e merlata alla ghibellina: dei sei merli quattro caratterizzano il lato più visibile, in cui si aprono tre finestre, mentre due sono viste in prospettiva e sormontano due finestre e una porta. La soglia è posta a livello del ponte, anch’esso di mattoni rossi: la costruzione conta due archi e mezza arcata, due pilastri fondano nello specchio di acqua azzurro. La torre è unita a tre edifici, pure di mattoni rossi, due a destra e il terzo a sinistra: le costruzioni si ergono su di uno sperone verde.
Gonfalone
Origini e Nome
Con le denominazioni prima di Podio, quindi Podio Rognatico o Raunatico e infine di Poggio Renatico il paese viene menzionato già in documenti bolognesi di età medievale.
Le sue origini si devono probabilmente far risalire all’epoca romana, come testimonia il ritrovamento di olle vinarie nei pressi dell’attuale abitato: l’etimologia del toponimo è legata peraltro a un termine latino, podium. Questa parola si riferisce ai cumuli artificiali di terra emergenti dalle acque: il nucleo centrale dell’insediamento infatti sorse anticamente su un poggio di terreno rialzato nelle cosiddette Valli di Poggio e di Albergo (così viene denominata la parte di palude compresa tra Poggio Renatico e Marrara nella “Carta corografica della Legazione di Ferrara”, tracciata nel 1758 da Andrea Bolzoni).
Così il qualificativo reunatico (da reuna) fa pensare a un equivalente di ‘motta’, che nell’XI secolo si preferiva a podium per indicare poggi di terreno rialzati sulle acque. L’abitato era infatti in una posizione tanto elevata rispetto alle aree circostanti da non essere praticamente mai sommerso, neppure dalle alluvioni più estese: anche la rotta del Reno del 1542 giunse solo a lambirlo. Meno fortuna trova oggi fra gli studiosi la più immediata derivazione dal vicino fiume Reno, che anticamente doveva scorrere piuttosto distante da questi luoghi.
Fiume Reno
Il fiume Reno è uno degli elementi portanti della memoria storica di Poggio Renatico e del suo territorio: fonte di vita o di distruzione, con le sue piene e le sue rotte ne ha fortemente influenzato l’assetto urbanistico e architettonico, così come il cammino economico e sociale.
La sistemazione idrografica di quello che già nel ‘400 il Consiglio dei XII Savi considerava “fiume rapido, et presto de fuga, et di grande acqua” vide per secoli contrapporsi ferraresi e bolognesi. Rilievi, progetti e discussioni di prelati, idraulici e avvocati erano finalizzate a individuare come inalveare il Reno nel Po: estensi e felsinei cercavano di allontanare ciascuno le sue acque dai propri territori.
Questa la principale cronologia:
- 1460Â – Al fiume, che vagava nelle valli a seguito di rotte, viene assegnato un alveo che passa vicino al Finale e alla Bastia.
- Fine XV secolo – Il Reno rompe ancora ed entra nella Valle Sammartina: Ercole I d’Este per bonificare la zona apre un nuovo cavo fino al Traghetto per poi reimmettere il fiume in Po.
- 1526 – Il Reno è di nuovo vagante: viene immesso nel Po a Porotto dopo la transazione, nel 1522, tra Bologna e Alfonso I d’Este.
- 1538 – Ercole II d’Este realizza un’opera idraulica che obbliga le acque a piegare verso il ramo di Ferrara.
- 1592 – Alfonso II d’Este chiude il Po di Primaro per conservare navigabile, con le acque del Reno, il ramo di Volano.
- 1604 – Clemente VIII (nel 1598 era terminata la linea legittima di casa d’Este e ne era seguita la devoluzione del territorio ferrarese allo Stato Pontificio) fa deviare il Reno dal Po di Ferrara, lasciandolo espandere nel profondo bacino della valle Sammartina e scavando il Po di Ferrara per attrarre le acque del ramo di Venezia.
- 1714– Una rotta a Sant’Agostino, nella campagna dei Panfili (rotta Panfilia), scava un nuovo alveo al fiume, che si espande nelle Valli di Poggio Renatico e di Marrara.
- 1724 – Benedetto XIV inizia i lavori di costruzione del Cavo Benedettino: l’Idice viene condotto in Primaro e viene costruito un nuovo alveo per le acque del Reno da portare in Primaro. Il nuovo cavo ben presto si interrò.
- 1767-1795 – Per opera di Clemente XIII il Reno viene inalveato e arginato dalla rotta della Panfilia al Cavo Benedettino. Il cavo fu scavato, sistemato e condotto in Primaro al Traghetto, abbreviandone il percorso.
- 1805 – Con Napoleone Bonaparte si progettò di immettere le acque del Reno nel Po Grande mediante un escavo di circa dieci miglia, dalla rotta detta Panfilia a Bondeno e di qui, tramite il corso finale del Panaro, in Po a Palantone. Il Cavo Napoleone, ribattezzato Cavo Napoleonico, fu ultimato però solo nel 1964 e da allora assunse la funzione di scolmatore, accanto a quella di organo irriguo a servizio del Canale Emiliano Romagnolo.
Nel recente passato le acque del Reno hanno invaso il paese ancora nel 1842 (13 settembre, rotta “Passerina”, dal nome del fondo in cui avvenne, ricordata da una lapide nella residenza municipale), nel 1864, nel 1889, nel 1896, nel 1949 e nel 1951.
Feudo dei Lambertini
Un documento conservato nel Fondo Ambrosiano della biblioteca della Cassa di Risparmio di Bologna, risalente al 1333, testimonia invece la presenza del feudo di Poggio Renatico appartenuto ai Guastavillani e passato ai Lambertini per l’eredità di Tommasina Guastavillani. Tommasa di Villano Guastavillani infatti sposò in prime nozze Egano, il primo Lambertini definito signore di Poggio Renatico, il quale in secondo voto si unì poi a Castora Galluzzi.
Corrado Ricci, in “Anime Dannate” (1918), afferma che «Poggio Renatico passò sulla metà del ‘300, per successione di donne, a titolo di allodio (ndr nel medioevo, proprietà libera da vincoli e tributi feudali). Si determina anzi da taluno che ciò avvenne nel 1331 per l’eredità di Tommasina Guastavillani, madre di Guido Lambertini, e che in seguito la cospicua famiglia ne ottenne la giurisdizione, eretta poi in contea nel 1441».
Nell’archivio di manoscritti della biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, la “Miscellanea di memorie di storia bolognese” testimonia: «Poggio (contea del) acquistata da Guidantonio Lambertini l’anno 1441, appartenuta alla nobile famiglia di Guastavillani che per successione di donne cadde in casa Lambertini».
Un altro manoscritto della serie “Casini”, datato 1630 e intitolato “Sommario dell’antichissima famiglia Lambertini…1291” racconta che «Roberto di Gasio de Lambertini, fu investito da Obizzo VI marchese di Ferrara delle valli di Poggio, giurisdizione di Ferrara… che i Lambertini siano padroni di Poggio lo dicono molti autori».
Dal ‘300 al ‘500
La prima fase del dominio della casata felsinea su Poggio Renatico conobbe alterne vicende.
Nel 1363 il castello di Poggio fu assalito dai Viscontiani, ma nel 1390 Bologna lo riconobbe ai Lambertini. Nel 1403 il feudo venne confiscato ad Aldraghetto Lambertini, pronipote di Egano, e affidato al capitano ferrarese Uguccione Contrari, ma gli venne restituito nel 1412.
Al 13 novembre 1441 data invece il decreto del regimento di Bologna «concedente a Guidantonio di Aldraghetto Lambertini la giurisdizione feudale del castello a territorio di Poggio Renatico e Caprara». Nelle medesime carte il documento del 3 novembre 1509 riguarda il «decreto del cardinale legato di Bologna a favore di Cornelio Lambertini, confermante la concessione e i privilegi del castello e della torre di Poggio Renatico».
Fra i privilegi della famiglia emerge anche il diritto di giuspatronato sulla chiesa di San Michele, fatta erigere agli inizi del ‘300: esso comportava sia la scelta del sacerdote preposto all’ufficiatura, provvedendone al mantenimento, sia l’impegno di dotare la chiesa di rendite e proprietà adeguate. Dal giuspatronato derivava un grande prestigio, oltre al diritto di vedersi riconoscere una quota delle rendite della chiesa in caso di impoverimento della famiglia.
Questi privilegi si perpetrarono a lungo, riconfermati e rinnovati dalla Santa Sede: prima dal cardinale di Pavia Legato a latere, poi dai pontefici Giulio II, Leone X, Paolo III, Giulio III, Gregorio XIII, Urbano VIII e Benedetto XIV. La “Miscellanea di scritti”, conservata all’Archiginnasio, riporta: «le conseguenze sono che il comune o sia il reggimento di Bologna non possa stendere gli ordine, le gravezze e le tasse fin sopra il territorio di Poggio, essendo quello a questi separati affatto dai limiti della giurisdizione del comune di Bologna».
A metà del ‘500 una serie di attentati scosse i Lambertini.
L’8 febbraio 1541 morì a Bologna, forse avvelenato, Cornelio e, cinque giorni dopo, la stessa sorte toccò a sua madre Maddalena. Dopo un anno, tra il 2 e il 3 febbraio 1542, un’archibugiata uccise Andreghetto Lambertini; poco più tardi un certo Castrone, lanciaspezzata (uomo di fiducia) della casata, si sottrasse miracolosamente a un’archibugiata sparatagli a Poggio Renatico, ma venne ucciso da una pugnalata che lo trafisse nei pressi di Porta San Giorgio a Ferrara.
Si fece apertamente il nome di Girolamo Borgia, figlio naturale dell’efferato duca Valentino, come mandante di questi delitti.
Alla fine dello stesso secolo risale un codice pergamenaceo, oggi alla biblioteca comunale di Bologna, che contiene gli “Statuti della Comunità del Pogio” emanati nel 1598 da Cornelio e Cesare Lambertini, i quali sottoscrivevano il documento in qualità di «Signori di Pogio Rognatico, Villa Caprara, Villa Cornelia et suoi Uniti». Tali statuti, una sorta di codice civile, penale e commerciale, furono confermati dal conte Guido Antonio Lambertini nel 1662. Essi rispecchiano alcune condizioni ambientali e di vita tipicamente locali, come l’esistenza di un “oficio degli acquaioli”, ossia di ufficiali incaricati di controllare tutte le attività e le persone preposte a regolare l’acqua nella pianura della comunità : provvedevano, con pubblico e regolare servizio, agli scoli e alle opere di prosciugamento e di bonifica.
Nei paragrafi che trattano dei “Massari del Comune” si trovano le indicazioni circa i confini dell’allora territorio poggese: «vogliamo incominci alla Croce di S. Prospero, confina di S. Vincenzo, et arriva sino al ponte del Molinazzo luogo della nostra Giurisdittione esclusive. Andando alla confina della valle da Oriente et da Occidente alla confina del Bolognese per disopra dal Scursuro dietro a detto condotto del Scursuro da un capo all’altro». Mentre nella rubrica circa la “Distintione dal Comune delle Ville et uniti” si legge: «Il suo Comune sarà Villa Caprara Villa Cornelia et gli altri uniti incominciando detto Comune dal ponte del Molinazzo sopradetto inclusive andando sino alla confina del Ferrarese pigliando et abbracciando pure dette Ville et uniti dietro al condotto del Riolo e Scursuro, con la parte del luogo detto Osellino, luogo di nostra giurisdittione».
Dal ‘600 alla fine dei Lambertini
La dinastia dei Lambertini dominò a lungo Poggio Renatico, sino alla sua vera e propria estinzione.
Nel 1625 il conte Cornelio poté erigere a marchesato la contea del Poggio, fregiandosi così per primo del titolo di marchese.
Il feudo passò il 10 luglio 1735 a Prospero Lambertini, all’epoca arcivescovo di Bologna, poi papa Benedetto XIV: assurto al soglio pontificio egli investì il nipote Egidio. Oltre a un papa la famiglia Lambertini può vantare la figura della Beata Imelde, di cui si racconta che visse nella torre detta dell’Ortolano e morì appena dodicenne dopo una mistica visione. La piccola suora fu beatificata nel 1826.
La maggiore grandezza di questa famiglia va individuata proprio nella prima metà del ‘700. Allora, nel 1738, i signori del “Podio Renatico et Uniti” fissarono i confini dei loro possedimenti collocando dei cubi di marmo di Verona. Questi termini confinari portano inciso in una facciata lo stemma dei Lambertini, in quella opposta lo stemma della famiglia confinante e in una laterale recano un numero progressivo, la località e l’anno: alcuni esemplari sono ora sistemati intorno alla piazza del paese. Pur se non estranei ad attività bancarie, l’attività economica della casata era infatti  di carattere prevalentemente agricolo, come attestano una notevole serie di perizie riguardanti terreni e possedimenti, anche se fondamentalmente il loro feudo era potente e illustre grazie alla presenza del castello.
La loro grandezza entrò in crisi alla morte di papa Benedetto XIV, avvenuta il 3 maggio 1758. Il nuovo corso del Reno, le rotte, i fermenti che sfociarono nella rivoluzione francese, la dispersione del patrimonio seguita alla morte del pontefice determinarono agli inizi dell”800 la fine dei Lambertini. La casata si estinse poi nella discendenza maschile: dai tre matrimoni dell’ultimo marchese, Giovanni Lambertini (1739-1806), nacque un solo figlio (1765-1805). Vedovo e privo di eredi don Giovanni nominò nel suo testamento quale erede universale, con il diritto di portare nome e titolo, Giovanni Righi di Comacchio: pare che egli ne fosse figlio naturale.
Allora Poggio Renatico seguì la sorte del territorio bolognese e passò al dominio pontificio, sotto la giurisdizione del Legato di Bologna. Per un certo periodo la Comunità di Poggio fu sede di un Governatorato, di una Pretura, delle Carceri Mandamentali e di un grosso Comando di Carabinieri Pontifici.
Papa Benedetto XIV
La nobile casata dei Lambertini diede i natali a papa Benedetto XIV: il più importante pontefice del ‘700 e una delle figure più rappresentative del panorama culturale di quel secolo.
Prospero Lambertini salì infatti al soglio pontificio nel 1740, derivando il nome da San Benedetto, fondatore del monachesimo occidentale e della regola imperniata sull'”ora et labora”, che Paolo VI il 24 ottobre 1964 volle proclamare patrono d’Europa.
Prospero Lorenzo Lambertini nacque a Bologna il 31 marzo 1675 da Marcello e Lucrezia Bulgarini. Fu educato presso i padri Somaschi, quindi, dal 1688, proseguì gli studi a Roma, dedicandosi al diritto canonico ed ecclesiastico. Nel giugno del 1724 fu nominato vescovo di Teodosia e nel gennaio del 1727 fu eletto alla sede arcivescovile di Ancona e Numana. Il 30 aprile 1728, a 53 anni, fu designato cardinale e nell’aprile del 1731 ebbe la sede arcivescovile di Bologna, che conservò anche da papa, sino alla successione del cardinale Malvezzi.
Alla morte di papa Clemente XII, il 6 febbraio 1740, seguì un conclave che si protrasse per sei mesi (il più lungo dal tempo del grande scisma d’occidente): rimasto nell’ombra per i primi tempi, Prospero Lambertini venne candidato dopo 254 scrutini. Ai cardinale disse: «Se desiderate eleggere un santo scegliete Gotti; se volete eleggere uno statista Aldobrandini; se invece volete un uomo onesto eleggete me».
Fu eletto il 17 agosto 1740.
Nel 1750 inaugurò il Giubileo aprendo la nuova Porta Santa di San Pietro e durante le celebrazioni organizzò un imponente servizio di assistenza ai poveri: fu grande la sua attenzione per i meno fortunati. Si racconta che al mattino, senza alcun cerimoniale, andasse a celebrare la messa in questa o in quella chiesa romana e che nel pomeriggio, sbrigati gli affari di stato, passeggiasse da solo per le vie di Roma, prediligendo i quartieri popolari e intrattenendosi con la gente anche di più umile condizione. Dopo alcuni anni di salute incerta, morì a Roma il 3 maggio 1758 a causa di una polmonite: aveva 83 anni. La sua tomba in San Pietro è opera di Pietro Bracci. Benedetto XIV fu prudente e apprezzato uomo politico: fondò la sua azione sulla moderazione e sul dialogo. In un periodo di grandi tribolazioni, causate principalmente dalla disputa tra Santa Sede e nazioni cattoliche, riuscì ad appianare le dispute con il Regno di Napoli, il Regno di Sardegna, Spagna, Venezia e Austria.
Eminente canonista e autore di numerose opere, encicliche e lettere pastorali, fu rigoroso difensore della dottrina della Chiesa, di cui ristrutturò l’apparato giuridico. Riformò l’educazione dei sacerdoti, il calendario delle festività , il breviario romano e molte istituzioni ecclesiastiche. Si mantenne equanime nelle controversie sul giansenismo, ma condannò la massoneria e la pratica dei riti cinesi e malabarici tollerati dai gesuiti.
Fu pontefice assai colto ed erudito: promosse gli studi e favorì gli uomini più colti della sua epoca, intrattenne rapporti epistolari con Caterina di Russia, Federico II, con Voltaire e Montesquieu; fu stimato anche dai protestanti, in particolare in Inghilterra. Istituì le cattedre di fisica, chimica e matematica all’Università di Roma, attivò una moderna scuola di chirurgia a Bologna, dove fondò l’Accademia Benedettina. Acquisì preziosi volumi per la Biblioteca Vaticana e fece tradurre le opere più significative della letteratura inglese e francese. Dotò i Musei Capitolini di una pinacoteca. Fu valido archeologo: favorì gli scavi a Roma, cooperò con Winckelmann alla fondazione dell’Accademia Archeologica e istituì la Calcografia Pontificia; raccolse diverse collezioni. Riuscì ad arrestare il degrado del Colosseo, avvilito a cava di pietra, consacrandolo alla Via Crucis: in occasione del Giubileo fece erigere 14 edicole e una grande croce nel mezzo dell’arena in nome delle migliaia di martiri cristiani.
Papa amabile, gioviale e di spirito arguto, rimase famoso per i giochi di parole e le battute estemporanee, dietro cui si celava un’acuta percezione dei problemi del suo tempo. E’ proprio la sua bonomia faceta a ispirare all’inizio del ‘900 la commedia di Alfredo Testoni, di cui sono riduzioni le pellicole del 1934 (regia di Parsifal Bassi), in cui fu interpretato da Ermete Zacconi, e del 1954 (regia di Giorgio Pà stina), in cui fu impersonato dal bolognese Gino Cervi, che prestò il suo volto anche nello sceneggiato televisivo del 1963.
Dall’Unità d’Italia al ‘900
Dopo l’Unità d’Italia, con Regio Decreto del 15 dicembre 1860, Poggio Renatico fu incluso nel territorio della Provincia di Ferrara e, sempre in quell’anno, venne adottato l’attuale stemma.
Poco tempo dopo, il 20 gennaio 1862, “il regio ministro dei Lavori Pubblici qui giunto con un treno speciale, presenti le dignità civili e militari, la banda cittadina e il popolo meravigliato, inaugurava il tronco ferroviario Ferrara-Bologna”.
La nuova dimensione nazionale e provinciale lasciò tuttavia immutati i secolari problemi di queste terre.
Tra il 1885 e il 1886 il colera investì violentemente il ferrarese e fece registrare in questi luoghi 67 casi, di cui 32 mortali, evidenziando carenze igieniche e alimentari determinate dalla povertà della gente, colpita anche da tubercolosi, tifo, vaiolo, pellagra e malaria.
A ciò si aggiunga la disoccupazione bracciantile, per far fronte alla quale i lavoratori poggesi si organizzarono in associazioni cooperative e leghe di resistenza.
Il 30 gennaio del 1890 si costituì l’Associazione Cooperativa tra Operai Braccianti e Costruttori, al fine di ottenere l’appalto dei lavori pubblici; nel 1882 si era costituita la Società Operaia di Mutuo Soccorso e nel 1884 la Società Reduci delle Patrie Battaglie.
Il 10 settembre 1903 nacque l’Unione Cooperativa di Consumo e nel 1919 la Cooperativa di Produzione agricola e Lavoro, entrambe con lo scopo di difendere i salari reali.
All’inizio del XX secolo si era formata anche la Lega sindacale, promotrice di numerose agitazioni e scioperi, fra cui quello bracciantile del 19 luglio 1903: nel 1912 registrerà 386 iscritti, la quasi totalità dei lavoratori agricoli.
La Ferrovia
Poggio Renatico è attraversato dalla linea ferroviaria Bologna-Ferrara, costruita a partire dal 1860 e inaugurata il 20 gennaio 1862.
Il suo tracciato fu oggetto di aspre diatribe fra quanti sostenevano la necessità di seguire la direttrice di congiunzione più breve fra le due città , l’attuale appunto, e quanti invece asserivano che la linea, passando per Cento e San Giovanni in Persiceto, dovesse raggiungere il Samoggia e lì immettersi nella ferrovia Milano-Bologna.
Controversia questa documentata da diverse testimonianze risalenti al 1860.
I fautori della linea per Cento facevano leva sulle caratteristiche delle nostre zone, descrivendole come «… territorio basso, acquitrinoso, poco salubre, dove non è commercio di sorta e poca industria… e nessun centro di popolazione».
Dall’altra parte era i sindaci di Bologna Luigi Pizzardi, di Poggio Renatico Giuseppe Fornasini, di Galliera Luca Bonora, di San Pietro in Casale Carlo Francesco Rusconi, di Santa Maria in Duno Antonio Fava, di San Giorgio di Piano Francesco Ramponi, di Castelmaggiore Cesare Napoleone Mignani, e i deputati al Parlamento Carlo Marsili e Antonio Zanolini. Agli oppositori essi rispondevano essere queste terre «… assai fertili, salubre il clima, la popolazione numerosa ed attiva, florido il commercio» e sottolineavano che «l’interesse generale esige che una ferrovia di tanta importanza sia la più breve, la più comoda, la meno costosa possibile». Ragioni queste esposte, evidentemente con successo, anche al Ministro dei Lavori Pubblici.
Nel 1892 l’Omnibus 578 impiegava un’ora e trentacinque minuti per portare i viaggiatori da Bologna a Ferrara, sostando a Corticella, Castelmaggiore, San Giorgio di Piano, San Pietro in Casale, Galliera e Poggio Renatico, al costo di 5,35 £ in 1ª classe, di 3,75 £ in 2ª classe e di 2,40 £ in 3ª classe. All’inizio del ‘900 vennero poi raddoppiati i binari: il 1° ottobre 1911 venne inaugurato il tratto San Pietro in Casale – Poggio Renatico, il 10 giugno 1912 il tratto Poggio Renatico-Ferrara.
Nell’autunno del 1921 il treno che trasportava da Aquileia a Roma la salma del Milite Ignoto transitò anche a Poggio Renatico e vi sostò brevemente in onore dei caduti della Prima Guerra Mondiale e Medaglie d’oro al Valor Militare Severino e Duilio Merli.
La ballata forse più popolare di Francesco Guccini, “La Locomotiva” (album “Radici”, 1972), è ispirata a un episodio realmente accaduto proprio a Poggio Renatico. Era il 20 luglio 1893 quando il fuochista delle ferrovie Pietro Rigosi alla stazione poggese si impadronì della locomotiva n. 3541 e la portò a tutta velocità verso Bologna. Venticinque minuti dopo l’allarme la locomotiva entrò alla stazione felsinea ai 60 all’ora: non rimase che deviarla su un binario morto. Rigosi, passando sugli scambi, capì dove lo stavano mandando: smise di spalare carbone, uscì dalla cabina e si arrampicò sul muso della macchina, proprio sotto il fanale, come per prepararsi al sacrificio. Lo schianto contro la vettura di prima classe e i sei carri merci che si trovavano in sosta sul binario tronco fu terribile, ma l’uomo si salvò: evidentemente l’urto lo fece schizzare via prima che i due veicoli si incastrassero l’uno nell’altro. Gli venne amputata una gamba, il viso rimase deformato dalle cicatrici, dovette sopportare una lunga degenza all’ospedale, ma dopo circa due mesi fece ritorno a casa. Inutilmente i giornalisti e i curiosi che gli facevano visita tentarono di chiedergli i motivi che lo avevano spinto a un gesto tanto clamoroso: non rispose mai a nessuno.
Il Resto del Carlino del 21 luglio 1893 titolava «Il disastro di ieri alla ferrovia – l’aberrazione di un macchinista».
«Poco prima delle 5 pomeridiane di ieri, l’Ufficio Telegrafico della stazione (di Bologna, ndr) riceveva dalla stazione di Poggio Renatico un dispaccio urgentissimo (ore 4,45) annunziante che la locomotiva del treno merci 1343 era in fuga da Poggio verso Bologna. Lo stesso dispaccio era stato comunicato a tutte le stazioni della linea, perché venissero prese le disposizioni opportune per mettere la locomotiva fuggente in binari sgombri dandole libero il passo in modo da evitare urti, scontri o disgrazie. […] Capo stazione, ingegneri e personale del movimento furono sossopra e chi diede ordini, chi si lanciò lungo la linea verso il bivio incontro alla locomotiva che stava per giungere. Non si sapeva ancora se la macchina in fuga era scortata da qualcuno del personale; e solo i telegrammi successivi delle stazioni di San Pietro in Casale e Castelmaggiore, che annunziavano il fulmineo passaggio della locomotiva, potevano constatare che su di essi stava un macchinista e un fuochista. Ma la corsa continuava e la preoccupazione alla ferrovia cresceva… […] Alle 5,10 [la locomotiva] entrava dal bivio e passava davanti allo scalo, fischiando disperatamente, con una velocità superiore ai 50 km. Sulla macchina c’era un uomo che, invece di dare il freno, cercare di fermare, metteva carbone…. Era un uomo che correva, che voleva correre alla morte! Il personale lungo la linea agitando le braccia, gridando, gli faceva cenno di fermare, di dare il freno; taluno gli urlò di gettarsi a terra, ma egli rimaneva imperterrito nella locomotiva.
Un esperto macchinista, il Mazzoni, che era lungo la linea e lo vedeva correre incontro a morte sicura, gli gridò: “buttati a terra!”; ma il giovanotto – che giovane era lo sciagurato – dalla banchina a lato della piazza tubolare della caldaia tenendosi alla maniglia di ottone, si portò sul davanti della locomotiva sotto il fanale di fronte, attaccato sempre alla maniglia e colla schiena verso la stazione dov’era il pericolo. Al momento dell’urto egli era sulla fronte della macchina e i presenti che lo videro esterrefatti passare dinanzi a loro affermano che proprio al momento dell’urto egli si sporse in fuori, volgendo la testa verso la vettura, contro alla quale andava a dar di cozzo. L’urto, disastroso per la macchina e i carri, fu tremendo per l’uomo. Egli rimase preso fra la macchina e il vagone di la classe schiacciato orribilmente. Accorsero funzionari delle ferrovie, di P.S., guardie, personale viaggiante e manovali e il disgraziato fu tosto riconosciuto. È certo Pietro Rigosi di Bologna, di anni 28, fuochista da parecchi anni e buon impiegato… a Poggio Renatico, mentre il macchinista Rimondini Carlo era sceso un momento, il Rigosi aveva sganciato la locomotiva del treno merci e poi l’aveva lanciata a tutta velocità legando la valvola del fischio, per modo che destò l’allarme per tutta la corsa. Avrebbe potuto pentirsi durante il tragitto e dare il freno (che funzionava bene anche dopo la catastrofe) ma egli non volle. Probabilmente un’improvvisa alterazione di cervello che lo rese crudele contro se stesso, perché, per quanti pensieri di famiglia egli avesse, non giustificavano certo un tentativo di suicidio che poteva costare la vita a molte altre persone».
Prima e Seconda Guerra Mondiale
La grande guerra
Nel corso della prima guerra mondiale, l’immensa prateria fra Poggio Renatico, Madonna Boschi e Coronella fu scelta quale sede di un campo d’aviazione americano e di uno della marina da guerra italiana, che sorse poco distante. Di qui, nel 1918, partirono gli aerei per le ultime azioni della battaglia del Solstizio e di Vittorio Veneto, che condussero alla vittoria il nostro esercito. Al termine del conflitto i campi vennero riadattati e utilizzati dal 1920 al 1940 come centro di addestramento per i piloti.
Nell’autunno del 1921 transitò e sostò alla stazione di Poggio Renatico, in onore dei caduti del conflitto e delle medaglie d’oro al valor militare Severino e Duilio Merli, il treno che trasportava da Aquileia a Roma la salma del Milite Ignoto.
Fra primo e secondo conflitto mondiale
Le prime intimidazioni fasciste non impedirono che alle elezioni amministrative del 17 ottobre 1920 si registrasse una schiacciante affermazione socialista. La vita della nuova amministrazione però fu breve. I consiglieri, sottoposti a minaccia, si dimisero in massa il 20 aprile 1921 e, con Decreto Prefettizio del 26 aprile 1921, fu nominato un commissario: il fascista Raoul Caretti, massone ed ex radicale, che diventerà sindaco di Ferrara nel 1923, padre di Enrico Caretti, braccio destro di Italo Balbo. Il successivo 15 maggio, in occasione delle nuove elezioni, la lista del “Fascio Littorio” ottenne, con 1.049 voti, una schiacciante vittoria. Ciononostante, non si può parlare di consenso popolare al fascismo, se si pensa che al 30 aprile 1921 non risultava costituito a Poggio Renatico nessun nucleo del fascio.L’antifascismo non tardò a organizzarsi, animato da esponenti comunisti e socialisti anche di rilevanza nazionale. Era originario di Gallo Arturo Vignocchi, uno dei fondatori del Partito Comunista d’Italia: candidato alle politiche del 1921 e componente del comitato centrale del partito, venne arrestato a Milano nel 1927 e condannato per “attività sovversiva” dal Tribunale Speciale del regime a 14 anni di reclusione e a 3 di vigilanza speciale.
Dall’altra parte, Poggio Renatico diede i natali a Carlo Pareschi, ministro fascista dell’Agricoltura, promotore e creatore fra l’altro della Federazione Nazionale dei Consorzi Agrari. Fu fucilato a Verona per avere firmato l’ordine del giorno Grandi, che avrebbe determinato la caduta di Benito Mussolini.
La seconda guerra mondiale e la liberazione
Nel corso del secondo conflitto mondiale le campagne poggesi, territorio fortemente presidiato dalle truppe tedesche (quattro comandi erano dislocati nella zona, sede di un importante deposito di munizioni), furono teatro della celebre azione denominata “Operazione Herring”. Si tratta di una pagina di grande importanza per la riconquista della libertà , di cui sono stati protagonisti i soldati del rinato esercito italiano inquadrati nel leggendario Squadrone “F”, al comando del capitano Carlo Francesco Gay, il quale subito dopo l’8 settembre decise di combattere con i suoi uomini insieme agli alleati contro i tedeschi.
L'”Operazione Herring”, un grandioso aviolancio nella pianura padana, compiuto da paracadutisti esclusivamente italiani e iniziato la notte del 20 aprile 1945, aveva il compito di neutralizzare eventuali tentativi di resistenza dei tedeschi e di scompaginare la loro ritirata, che si prevedeva rovinosa per gli abitanti, le vie di comunicazione, gli edifici, gli impianti ad uso civile. La missione, voluta dagli angloamericani e fortemente sostenuta dai nostri militari, comportò violenti combattimenti notturni e diurni, ma condusse a un notevole successo. Lo Squadrone “F” lasciò sul campo nove uomini, ma riuscì a salvare dalla furia germanica numerose strutture e fece un elevato numero di prigionieri, consegnati poi agli alleati.
Nel cortile interno del Castello Lambertini una lapide commemorativa ricorda il sacrificio dei nove giovani caduti:
Gino Mangia (classe 1919, distretto di Piacenza, caduto in località Zerbinate, al confine fra Sant’Agostino e Mirabello), Gianni Biasi (classe 1923, distretto di Verona, caduto in località Casette Bianchi, Poggio Renatico), Giovanni Valle (classe 1923, distretto di Padova, caduto in località Casette Bianchi, Poggio Renatico), Gaetano Aldeghi (classe 1918, distretto di Monza, caduto in località Chiesa Nuova, Poggio Renatico), Silvio Infanti (classe 1919, distretto di Sacile, caduto in località Madonna Boschi, Mirabello), Giuseppe Tiracorrendo (classe 1922, distretto di Roma, caduto in località Zerbinate, al confine fra Sant’Agostino e Mirabello), Pierino Vergani (classe 1920, distretto di Monza, ferito in località Gallo, Poggio Renatico, deceduto all’ospedale di Lendinara, Rovigo), Lino Mottadelli (classe 1918, distretto di Monza, caduto in località Casette Bianchi, Poggio Renatico), Francesco Fulco (classe 1923, distretto di Torino, caduto in località Casette Bianchi, Poggio Renatico).
In concomitanza con l’occupazione tedesca e la fondazione della Repubblica di Salò si organizzò la Resistenza poggese: i partigiani fecero parte della 35ª Brigata Garibaldi “Bruno Rizzieri”, costituitasi a Ferrara nella primavera 1944, e arrivarono a organizzarsi persino tra i dipendenti del deposito di munizioni, sede del comando tedesco. Una serie di volantini, stilati alla vigilia dell’insurrezione, testimoniano l’esistenza di organizzazioni clandestine di massa: il Fronte della Gioventù e i Gruppi di Difesa della Donna, nonché il Comitato di Liberazione Nazionale, che rimase clandestino sino alla liberazione, il 22 aprile 1945.
In questo stesso giorno venne nominata la giunta comunale, con a capo il sindaco Orlando Arlotti.
Le foto qui riprodotte sono tratte dal volume di Carlo Benfatti, “L’Operazione Herring No. 1 20-23 aprile 1945”, edito da Sometti, 2ª edizione, Mantova 2005
Campo di aviazione G. Veronesi
L’impianto aeroportuale di Poggio Renatico è dedicato dal 1923, anno di costituzione dell’Arma Aeronautica, al tenente bolognese Giuseppe Veronesi, che durante la Grande Guerra si distinse come “osservatore d’aeroplano”. Per la sua audacia il pilota felsineo del “Battaglione Aviatori” meritò due medaglie d’argento e una di bronzo al Valor Militare.
Su questo campo, dove si diceva fossero atterrati all’inizio del secolo i fratelli Wilbur e Orville Wright (invitati dal Club Aviatori Ferraresi), transitarono famosi pionieri del volo, quali Francesco Baracca, Mario Pezzi, Carlo del Prete, Arturo Ferrarin, Fausto Cecconi, Umberto Maddalena, Umberto Nobile, Ruffo di Calabria, Cerutti, Italo Balbo, Gabriele D’Annunzio. E ancora De Pinedo, Valle, Fougier, Finzi, Censi, Locatelli.
La storia dell’aeroporto militare inizia dopo la disfatta di Caporetto: i lavori di costruzione dell’impianto, come base di squadriglie da bombardamento, cominciarono nei primi mesi del 1918 sui terreni acquisiti dal Demanio Militare nel 1914.
Il campo d’aviazione della Regia Marina Militare venne situato in località Cascina Nuova: era composto di undici hangar a tre capannoni disposti in semicerchio, un magazzino, alloggi per ufficiali e truppa e una pista di atterraggio di 800 per 550 metri; all’esterno erano sistemati i depositi munizioni. Alla fine di settembre dello stesso anno venne istituito, al comando del tenente colonnello Armando Armani, il distaccamento aereo di Poggio Renatico, composto dalla 181ª e 182ª squadriglia di triplani Ca.4 e dalla 202ª e 203ª squadriglie di biplani Ca.5.
Nel medesimo periodo, a poca distanza dall’aeroporto della Regia Marina italiana, il comando militare degli Stati Uniti decise di ubicare, fra Coronella e Madonna Boschi, un nuovo campo di aviazione.
Alla fine di ottobre 1918 il distaccamento di Cascina Nuova divenne operativo. Dai campi statunitense e italiano partirono undici triplani e quattordici biplani per le ultime azioni durante la “Battaglia del Solstizio” e di Vittorio Veneto, che condussero l’esercito italiano alla vittoria.
Dopo la fase di stallo seguita al primo conflitto mondiale, il 13 ottobre 1931 venne dislocato a Poggio Renatico l’8° Stormo della 1ª Brigata Aerea da bombardamento, composto dal 27° e 28° gruppo: lo stemma ad opera di Filippo de Pisis, il motto “obscurius ut clarius”. Gli equipaggi condussero un’intensa fase addestrativa, aggiundicandosi nel 1934 la prestigiosa “Coppa del Nastro”. Nel 1935 parteciparono alle operazioni in Africa orientale e nel 1937 alle operazioni in Spagna. Nel 1939 l’8° Stormo lasciò il campo poggese. Negli anni ‘30 l’aeroporto divenne sede anche di una scuola teorico-pratica di volo a vela, dove si formarono alcuni futuri piloti della Regia Aeronautica e dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, l’intensa attività di volo della Luftwaffe tedesca vide protagonista quest’area, dove nel 1944 si rischierarono alcune squadriglie del 77° Stormo “Herz As” (Asso di Cuori), per combattere al fianco dei gruppi da caccia della Repubblica Sociale. Nel giugno dello stesso anno l’aeroporto di Poggio Renatico, insieme a quello di Ferrara, fu bombardato dagli alleati e nel novembre costituì l’ultima sede fissa dell’Alto Comando dello Stato Maggiore della 14ª Armata del Reich, durante la ritirata da Roma.
Con la conclusione della guerra il campo di aviazione venne completamente abbandonato. Solo alla fine degli anni ’60 vi furono costruite alcune palazzine e istallato un radar. Nel 1972 l’11° Centro Radar, costituito a Ferrara nel 1950, venne trasferito a Poggio Renatico e integrato nella catena di comando e controllo Nato, denominata Nadge, volta a sorvegliare costantemente i confini dei paesi appartenenti alla Organizzazione del Nord Atlantico, dalla Turchia alla Norvegia. Dal 1983 la base poggese acquisì capacità di collegarsi con i velivoli Awacs. Nel 1994 invece iniziò a operare a Poggio Renatico il Centro Operativo di Settore, responsabile della difesa aerea italiana attraverso il coordinamento di tutti i siti radar della penisola. Il nominativo radio del radar poggese è “Pioppo” a rievocare i pioppeti della zona.
Il 1° gennaio 1998, nell’ambito del processo di riorganizzazione dell’Aeronautica Militare, è stato costituito il Comando Operativo delle Forze Aeree (Cofa), uno dei quattro alti comandi nazionali. Esso assicura la pianificazione, il coordinamento e l’impiego operativo delle forze aeree assegnate per il conseguimento di specifici obiettivi nazionali e l’assolvimento delle missioni sotto l’egida dell’Onu e della Nato.
Il Cofa è impegnato in molteplici attività : la difesa aerea; il coordinamento delle esercitazioni, degli addestramenti complessi  e quotidiani dei reparti di volo italiani; la ricerca e il soccorso aereo; il trasporto di squadre di soccorso, di equipe medica, organi da impiantare, plasma e medicinali; il trasporto aereo che consente di assicurare, con il trasferimento di personale, mezzi e materiali, il supporto logistico alle unità nazionali e alleate in missioni operative e addestrative in Italia e all’estero.
Nella base di Poggio Renatico è ubicato anche il Combined Air Operations Center Five (Caoc 5), uno dei cinque Caoc dipendenti dal Comando delle Forze Aeree Alleate del Sud Europa. Costituito nel 1999 con la partecipazione di solo personale italiano oggi è composto da personale multinazionale proveniente da tredici paesi Nato (Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Norvegia, Olanda, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti, Turchia e Ungheria). Il Caoc 5 è responsabile della difesa dello spazio aereo che comprende Italia, Slovenia e Ungheria, della pianificazione delle operazioni aeree, del supporto alle operazioni di pace e stabilità nei Balcani e della pianificazione delle esercitazioni Nato.
Sorto come primo e unico aeroporto interalleato in Italia durante la prima guerra mondiale, il destino ha voluto che l’impianto “G. Veronesi” sia oggi sede di uno dei più importanti centri della Nato in Europa e di conseguenza operi nuovamente con le più importanti forze aeree alleate.
Per le informazioni e il materiale di carattere storico si ringrazia Alessio Canessa, autore di ricerche sulla storia dell’aviazione a Ferrara e a Poggio Renatico.
Cronologia
- 972 – secondo alcune fonti il 9 settembre i capostipiti Pietro e Lamberto Lambertini, figli di Giovanni e nipoti di Pietro, vengono investiti delle terre del Poggio dall’arcivescovo di Ravenna Onesto. Altri autori invece fanno risalire l’investitura al XIII secolo; mentre un documento del 1333, conservato nel Fondo Ambrosiano della biblioteca della Cassa di Risparmio di Bologna, già testimonia la presenza del feudo di Poggio Renatico, appartenuto ai Guastavillani e passato ai Lambertini per l’eredità di Tommasina Guastavillani, che sposò in prime nozze Egano, il primo ad essere definito signore di Poggio Renatico.
- 1321 – nasce Imelde Lambertini, figlia di Egano e Castora Galluzzi: morì giovanissima, nel 1333, dopo una mistica visione e fu beatificata nel 1826
- 1363Â – il castello di Poggio viene assalito dai Viscontiani, ma nel 1390 Bologna lo riconosce ai Lambertini.
- 1403 – il feudo viene confiscato ad Aldraghetto Lambertini, pronipote di Egano, e affidato al capitano ferrarese Uguccione Contrari, ma è restituito nel 1412.
- 1510 – Cornelio Lambertini viene nominato conte del Poggio da Papa Giulio II, da cui era stato eletto senatore nel 1506.
- 1541/1542 – l’8 febbraio 1541 viene avvelenato Cornelio Lambertini e allo stesso modo muore cinque giorni dopo la madre Maddalena; tra il 2 e il 3 febbraio 1542 un’archibugiata uccide Andreghetto Lambertini e poco più tardi viene assassinato con una pugnalata Castrone, lanciaspezzata (uomo di fiducia) della casata. Il mandate di questi delitti pare essere Girolamo Borgia, figlio naturale dell’efferato duca Valentino.
- 1598 – Cornelio e Cesare Lambertini emanano gli “Statuti della Comunità del Pogio”, confermati dal conte Guido Antonio Lambertini nel 1662. Tali statuti rispecchiano alcune condizioni ambientali e di vita tipicamente locali, come l’esistenza di un “oficio degli acquaioli”: ufficiali incaricati di controllare tutte le attività e le persone preposte a regolare l’acqua nella pianura della comunità (essi provvedevano, con pubblico e regolare servizio, agli scoli e alle opere di prosciugamento e di bonifica).
- 1625Â – il conte Cornelio erige a marchesato la contea del Poggio.
- 1643 – con bolla del 2 maggio il pontefice Urbano VIII conferisce alla chiesa poggese (l’antico edificio è ubicato in località Chiesa Vecchia ed è attualmente sconsacrato) il titolo di abbazia secolare: il 24 novembre 1644 l’arcivescovo di Bologna Girolamo Colonna emette il decreto di conferma della bolla papale.
- 1724 – il Reno viene inalveato artificialmente nel corso attuale: inizia nel territorio di Poggio Renatico la bonifica su larga scala e si costituiscono le prime possessioni rurali, intorno a cui si sviluppa l’abitato.
- 1735 – il 10 luglio il feudo passa a Prospero Lambertini, all’epoca arcivescovo di Bologna.
- 1738 – i signori del “Podio Renatico et Uniti”, nel pieno del loro splendore, fissano i confini dei loro possedimenti collocando dei cubi di marmo di Verona, alcuni dei quali ancora visibili intorno alla piazza, che portano inciso in una facciata lo stemma dei Lambertini, in quella opposta lo stemma della famiglia confinante e in una laterale recano un numero progressivo, la località e l’anno.
- 1740Â – il 17 agosto Prospero Lambertini viene eletto pontefice con il nome di Papa Benedetto XIV e investe del marchesato di Poggio il nipote Egidio.
- 1758 – il 3 maggio muore a 83 anni, a causa di una polmonite, Benedetto XIV. Inizia così il declino della casata, provata anche dalle rotte del Reno, dai fermenti che sfoceranno nella Rivoluzione francese e dalla progressiva dispersione del patrimonio.
- 1806 – si estingue la dinastia dei Lambertini con il marchese Giovanni, che nomina erede universale, con il diritto di portare nome e titolo, Giovanni Righi di Comacchio, il quale pare ne fosse figlio naturale. Allora Poggio Renatico segue la sorte del territorio bolognese e passa al dominio pontificio, sotto la giurisdizione del Legato di Bologna: per un certo periodo la Comunità di Poggio diviene sede di un Governatorato, di una Pretura, delle Carceri Mandamentali e di un grosso Comando di Carabinieri Pontifici.
- 1822 – il Castello Lambertini viene ceduto alla comunità del “Pogio et Uniti” per 4.000 scudi.
- 1826 – viene beatificata Imelde Lambertini, figlia di Egano Lambertini e Castora Galluzzi, nata nel maggio o nel luglio del 1321 e morta giovanissima dopo una mistica visione.
- 1842 – il 13 settembre rompe il fiume Reno: si tratta della rotta “Passerina”, dal nome del fondo in cui avvenne (una lapide nella residenza municipale ne tramanda il ricordo).
- 1860 – con Regio Decreto del 15 dicembre Poggio Renatico è incluso nel territorio della Provincia di Ferrara e adotta l’attuale stemma.
- 1862Â – il 20 gennaio viene inaugurato il tronco ferroviario Ferrara-Bologna con la chiusura della vecchia stazione di posta a cavallo di Gallo.
- 1864 – rotta del Reno.
- 1882 – costituzione della Società Operaia di Mutuo Soccorso.
- 1884 – costituzione della Società Reduci delle Patrie Battaglie.
- 1885/1886 – il colera investe anche il territorio poggese, facendo registrare 67 casi, di cui 32 mortali.
- 1889 – rotta del Reno.
- 1890Â – costituzione dell’Associazione Cooperativa tra Operai Braccianti e Costruttori, al fine di ottenere l’appalto dei lavori pubblici.
- 1893 – il 20 luglio alla stazione di Poggio Renatico il fuochista delle ferroviePietro Rigosi si impadronisce della locomotiva n. 3541 e la porta a tutta velocità verso Bologna: la tragedia viene per poco evitata. L’episodio ispirerà la ballata di Francesco Guccini “La Locomotiva”.
- 1896 – rotta del Reno.
- 1901 – il 21 marzo crolla il soffitto dell’antica abbazia ubicata in località Chiesa Vecchia: da qui la controversia tra il restauro della chiesa e la costruzione di una nuova struttura al centro dell’abitato sviluppatosi attorno al Castello Lambertini.
- Inizio ‘900 – formazione della Lega sindacale, promotrice di numerose agitazioni e scioperi, fra cui quello bracciantile del 19 luglio 1903.
- 1903 – nasce l’Unione Cooperativa di Consumo con lo scopo di difendere i salari reali.
- 1904Â – il Comune decreta la definitiva chiusura dell’antica abbazia, poi sconsacrata.
- 1902 – 1° giugno posa della prima pietra della nuova chiesa abbaziale.
- 1907Â – il 29 settembre Monsignor Conte Lodovico Zucchini inaugura la nuova chiesa abbaziale consacrata alla protezione di San Michele Arcangelo.
- 1918Â – partono dai campi d’aviazione poggesi i biplani e i triplani per le ultime azioni durante la battaglia del Solstizio e di Vittorio Veneto, che conducono alla vittoria l’esercito italiano.
- 1919 – nasce la Cooperativa di Produzione agricola e Lavoro, con lo scopo di difendere i salari reali.
- 1921Â – sosta alla stazione di Poggio Renatico il treno che trasporta da Aquileia a Roma la salma del Milite Ignoto, in onore dei caduti della Prima Guerra Mondiale e Medaglie d’oro al Valor Militare Severino e Duilio Merli.
- 1927Â – viene arrestato a Milano e condannato a 14 anni di reclusione e a 3 di vigilanza speciale dal Tribunale Speciale del Regime Arturo Vignocchi: originario di Gallo, era uno dei fondatori del Partito Comunista d’Italia. Poggio Renatico ha dato i natali anche a Carlo Pareschi, ministro fascista dell’Agricoltura, promotore e creatore fra l’altro della Federazione Nazionale dei Consorzi Agrari, fucilato a Verona per avere firmato l’ordine del giorno Grandi, che avrebbe determinato la caduta di Mussolini.
- 1945 – la notte del 20 aprile inizia l'”Operazione Herring”, un grandioso aviolancio nella pianura padana compiuto dai paracadutisti italiani per neutralizzare eventuali tentativi di resistenza delle truppe tedesche e di scompaginare la loro ritirata. Nel cortile interno del Castello Lambertini una lapide commemorativa ricorda il sacrificio dei nove giovani caduti nel territorio.
- 1949 – il 27 novembre la rotta del Reno investe 6mila ettari della pianura ferrarese e gli abitati di Gallo, Poggio Renatico e Coronella.
- 1951 – il 14 gennaio la rotta del Reno sommerge circa 1700 ettari; poi a febbraio si verifica un’alluvione più drammatica: le acque allagano 12mila ettari e gli abitati di Gallo, Poggio Renatico, Coronella, Madonna Boschi, Mirabello, Montalbano e San Bartolomeo in Bosco. Il 18 marzo arriva in visita il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, accompagnato dalla consorte Ida Pellegrini e dal Ministro dell’Agricoltura Antonio Segni (futuro Presidente).
Sindaci di Poggio Renatico
Orlando Arlotti, Comitato di Liberazione Nazionale, dal 1945
Gelindo Mazza, Pci, dal 1946
Leonello Franchi, Pci, dal 1952
Sauro Bisi, Pci, dal 1957
Galdino Fregna, Pci, dal 1976
Giovanni Malservigi, Pds, dal 1991
Daniele Garuti, Uniti per Poggio, dal 1999
Paolo Pavani, Ulivo per Poggio, dal 2004
Daniele Garuti, Insieme per Poggio, dal 2014
Daniele Garuti, Insieme per Poggio, dal 2019
IL PRIMO CONSIGLIO COMUNALE DELL’ITALIA REPUBBLICANAÂ
Prima fila, da sinistra: consigliere Virgilio Gnudi, assessore Ferdinando Bina, vicesindaco Ivo Guidetti, sindaco Gelindo Mazza, assessore Federico Baroni, assessore Anselmo Cecchi, consigliere Luigi Zucchini.
Seconda fila, da sinistra: consigliere Rino Fabbri, consigliere Diego Tamburini, consigliere Faustino Brandola, consigliere Giovanni Gronda, consigliere Amedeo Tartari, consigliere Teodoro Garutti.
Terza fila, da sinistra: assessore Lodovico Tamburini (manca fotografia), assessore Fernando Trevisani (manca fotografia), consigliere Giorgio Taddia, consigliere Giuseppina Ghedini (manca fotografia), consigliere Walter Ortolani, consigliere Giuseppina Schiavina (manca fotografia), consigliere Domenico Spisani.
Pagina aggiornata il 10/11/2023