L’Abbazia di San Michele

La nuova chiesa abbaziale dedicata a San Michele Arcangelo

Descrizione

Dall'analisi delle antiche mappe la nuova chiesa abbaziale dedicata a San Michele Arcangelo risulta sorgere dove un tempo il Castello Lambertini aveva i suoi orti, i suoi giardini e alcuni edifici di pertinenza, come le case dell'ortolano e la colombara.
A favore della sua erezione, in sostituzione dell'antica abbazia, ormai lontana dal centro del paese e danneggiata dal crollo di parte del soffitto nel marzo 1901, si formò in quello stesso anno un Comitato, composto da Monsignor Lodovico dei Conti Zucchini, Protonotario apostolico (presidente onorario), dall'abate-parroco don Carlo Benfenati (presidente effettivo), da Ettore Ghedini (allora assessore comunale), Luigi Zambonati, Vittorio Zucchini, Gaetano Businelli e Paride Carini.
Dopo alcune infruttuose pratiche per ottenere dal Comune la cessione del prato attiguo al palazzo comunale, in linea con il quale sarebbe sorto il nuovo edificio sacro, si pensò a un vicino terreno di proprietà di Carlo Fornasini, proprio nel centro dell'abitato. Le trattative ebbero buon esito nel marzo del 1902, anche grazie alla generosità del proprietario, che in tal modo assecondava il voto della madre, Carolina Ferraresi, la quale fece erigere a sue spese la cappella della Beata Vergine del Rosario.
Il Comitato lavorò febbrilmente e in breve riuscì a disporre di fondi per l'edificazione della chiesa stimati intorno alle 100.000 lire di allora: una forte somma iniziale venne versata da Monsignor Zucchini, quindi a lui si affiancarono grandi e piccoli possidenti locali, il Municipio e l'intera popolazione.
La posa solenne della prima pietra avvenne il 1° giugno 1902: venne calata nelle fondamenta del pilone in cornu Evangelii e in essa furono murate alcune memorie del lieto avvenimento. Il 5 giugno iniziarono i lavori, sotto la direzione del progettista Luigi Gulli di Bologna, a cui si deve ascrivere anche il campanile di Mirabello. L'opera muraria venne eseguita da maestranze del paese, sotto la guida del capomastro Odoardo Giaroni
Lo stile è il gotico-lombardo del XIV secolo, comune a molte chiese dell'Italia del nord; la pianta è a croce latina, a tre navate, con abside ottagonale terminale nella maggiore e con transetto terminante con cappelle absidali esagonali, dedicate alla Beata Vergine del Rosario e al Sacro Cuore di Gesù.
Lungo le navate minori si aprono altre absidi esagonali, due per parte, che costituiscono altre quattro cappelle, dedicate, a sinistra, a Sant'Anna e a San Giuseppe, a destra, a Santa Liberata e a Sant'Antonio da Padova. Al centro della croce si eleva la cupola ottagonale, che riceve luce da otto finestroni circolari e che, più in basso, conta otto trifore corrispondenti al sottotetto.
Il sagrato, ricostruito recentemente e inaugurato il 5 giugno del 2005, dà accesso al piano interno, elevato di circa un metro rispetto alla piazza: vi si accede attraverso una porta con tiburio sostenuto da due colonne di arenaria e con una lunetta che accoglie un ricco mosaico figurante Cristo benedicente, opera delle Officine Vaticane e dono di papa Pio X.

La decorazione esterna e interna è semplicissima e risultante dalla pura forma costruttiva. C'è solo un motivo decorativo, formato all'esterno da un sistema di archetti incrociati, che girano sotto i cornicioni spiccando sul fondo bianco: il motivo si ripete all'interno e corre fra i capitelli delle lesene della navata maggiore e del transetto.
Le arcate, i pilastri e le lesene sono eseguite in pietra viva a due tinte, che danno vita a una decorazione a fascioni. Le due cantorie poste ai lati del presbiterio sono decorate in finta arenaria, arricchite di dorature e fondi a colori: in quella di destra è sistemato l'organo proveniente dall'antica pieve. L'altare maggiore e quelli minori sono costituiti di ricchi marmi; le ancone sono arricchite da dorature e le decorazioni murali sono di stile conforme a quello della chiesa.
Il pavimento del presbiterio e del coro, così come quello delle cappelle, è formato di marmette di cemento a ricco disegno; quello della chiesa, malamente rifatto nella navata sinistra, suddiviso da fasce e bordi, è di mattonelle di cemento colorate.
Le finestre hanno vetrate a vetri colorati. Le originarie furono quasi completamente distrutte dai bombardamenti dell'ultimo conflitto mondiale e sono state rifatte o rinnovate, disegnate da Antonio Maria Nardi. In quella centrale è raffigurato il protettore San Michele nell'atto di schiacciare con il piede il demonio; nelle due accanto sono rappresentati gli angeli che hanno collaborato con il Santo alla vittoria su Satana; le ultime due rappresentano San Roberto Bellarmino e San Carlo Borromeo. Della stessa dimensione sono le vetrate delle absidi del transetto: quelle della cappella a sud rappresentano la Madonna assunta in cielo, in centro, San Giuseppe e Sant'Antonio da Padova, ai lati; quelle della cappella a nord e le restanti sono a rulli legati in piombo con bordi a vetri colorati.
La torre campanaria è rimasta incompiuta, per il manifestarsi in corso d'opera di evidenti segni di cedimento di un appoggio, con conseguente inclinazione del campanile.
La nuova chiesa abbaziale fu inaugurata il 29 settembre 1907 da Monsignor Conte Lodovico Zucchini (programma dei festeggiamenti).
Il re Vittorio Emanuele III di Savoia concesse il proprio regio placet al trasferimento della sede parrocchiale dalla vecchia alla nuova chiesa in data 16 ottobre 1910, "ai termini del decreto emanato per la parte canonica dalla curia arcivescovile di Bologna il 4 settembre 1907".

Da quando ottenne il titolo di abbazia, nel 1644, si sono succeduti 15 abati. Fra loro spiccano figure di rilievo.
Si può citare Arcangelo Gaiani, che a metà del ‘700 commissionò all'architetto bolognese Angelo Maria Venturoli la ristrutturazione dell'abbazia, allora ubicata nell'odierna borgata Chiesa Vecchia.
Significativo fu anche il ministero di Angelo Roversi, il quale tenne un diario delle funzioni che costituisce un vero e proprio spaccato di storia: vi si colgono ad esempio le difficoltà che la chiesa visse nell'età napoleonica e gli effetti che anche su di essa ebbe l'aggregazione amministrativa di Poggio al dipartimento del Basso Po, ovvero al territorio ferrarese.
Carlo Benfenati, abate dal 1878, ebbe un ruolo di primo piano nel trasferimento della sede parrocchiale nella nuova abbazia.
E ancora, Francesco Pancaldi, Agide Testi e Roberto Tassinari, che mise a punto la separazione dalla parrocchia poggese del sussidio di Madonna Boschi e Coronella: le due parrocchie, divenute autonome, passarono poi alla Curia ferrarese.
L'attuale abate-parroco è don Giovanni Albarello.

Ultimo aggiornamento: 12/08/2024, 13:13

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