Località

Centri abitati del Comune di Poggio Renatico

Descrizione

Sono cinque i centri abitati che connotano il territorio comunale di Poggio Renatico.
Intorno al capoluogo, al di qua del fiume Reno, si schiudono nella rigogliosa campagna strappata un tempo alle acque le frazioni di Chiesa Nuova, Coronella, Gallo e Madonna Boschi. Ognuno di questi paesi è contraddistinto da una propria storia e da proprie peculiarità e tipicità, che ben si armonizzano però nell'ambito della comune identità e dell'appartenenza poggesi.
In questa sezione si possono trovare approfondimenti circa ciascuna di queste cinque località.

Poggio Renatico

Il capoluogo conserva le testimonianze più numerose della storia del territorio comunale. Percorrendo le vie di Poggio Renatico è infatti possibile intraprendere un suggestivo cammino a ritroso nel tempo: sono i monumenti a parlarci di epoche lontane e a custodirne la memoria.
Dal castello, centro propulsore della vita del paese attraverso i secoli (prima maniero, poi palazzo, infine residenza municipale), alle torri, opere fortificatorie simbolo stesso del periodo feudale; dalle chiese, luoghi di una religiosità profonda e mai sopita, alle ville, emblema di una civiltà che nell'agricoltura affonda le sue radici economiche, sociali e culturali.

Chiesa Nuova

Chiesa Nuova si apre in una rigogliosa campagna le cui origini sono antichissime.
E' infatti attestato che la Valle Raveda, che nel X secolo si trovava sul confine orientale della corte di Trecentola e di Ponte Duce (attualmente territorio di Casumaro), nel 1017 venne donata dalla madre della contessa Matilde a Nonantola.
Le prime "possessioni" si costituirono intorno alla metà del XVIII secolo, quando l'agro poggese fu liberato dalle paludi, dopo che il fiume Reno, levato dal corso Mirabello-San Martino, fu inalveato nel Cavo Benedettino, nel 1767. Per consentire la preghiera ai contadini fu allora edificato un piccolo oratorio.
La storia del paese affonda le proprie radici, intorno al 1829, nella costruzione di una chiesa nuova – da cui appunto il toponimo –, capace di far fronte alle esigenze delle genti della zona, per cui il precedente oratorio era ormai divenuto insufficiente.
La chiesa, commistione di vari elementi architettonici, innalzata a spese di tutti i paesani, fu dedicata a San Giovanni Decollato: la festa del patrono ha tuttora luogo il 24 giugno.
Venne eretta a parrocchia nella seconda metà del XIX secolo, con la scissione dalla dipendenza di Galliera: dal 1999 è retta dal parroco don Giancarlo Mignardi. Vi sorge accanto il campanile parrocchiale, la cui peculiarità è quella di essere il più piccolo d'Italia.
In questa zona di confine è possibile incontrare ancora la casa rurale di tipo bolognese, a pianta quadrata, con coperto a quattro spioventi aggettanti, affiancata dalla grande stalla-fienile dal tetto piramidale e, frequentemente, dalla caratteristica "casella", una sorta di tettoia originariamente destinata a deposito per la canapa da gramolare. Esemplificativa di questa tipologia casa Lisi.
Sul canale Riolo, ai confini di Chiesa Nuova, sorge la Torre del Cocenno, annessa a una casa colonica nel XVIII secolo: l'edificio, con funzioni di avvistamento, sembra risalire al X secolo. A circa sei chilometri dal paese si apre invece la tenuta Raveda, che nel ‘500 era considerata un autentico paradiso terrestre e che nel XVIII secolo si ascriveva alla proprietà del cardinale Aldrovandi-Marescotti. Qui si erge la piccola chiesa della Madonna della Neve, riproduzione romanica eseguita nel 1900 dall'architetto Luigi Gulli di Bologna.
Attualmente sono due le principali realtà aggregative del paese.
Il Comitato Fiera Chiesa Nuova, che organizza nel mese di giugno la Fiera di San Giovanni Battista e la Sagra del Buon Gustaio, caratterizzata dallo stand gastronomico a base di pesce e di specialità locali, dalle serate musicali e danzanti e dallo spettacolo pirotecnico.
La Polisportiva Chiesa Nuova, che dà vita nel mese di luglio alla Sagra delle Rane, con degustazione di specialità a base di rane, spettacoli musicali e danzanti. La società sportiva annovera le squadre di calcio amatoriale e over 35 e la squadra maschile di calcetto, che disputano i campionati Uisp.

Coronella

Il termine "coronella" indica ancora oggi in idraulica un argine a pianta curva che serve di sostegno a un'arginatura fluviale pericolante. Il nome Coronella rievoca dunque antiche vicende di terre paludose, arginate per le continue alluvioni.
Il paese nacque, tra il 1526 e il 1604, nel luogo precedentemente occupato dall'abitato di Torre del Fondo, sorto nel XIII secolo, posto dai ferraresi sul canale navigabile per Bologna e raso al suolo da un'alluvione del Reno. L'area di Torre del Fondo fu inclusa da Ercole I d'Este nel risanamento della Sammartina: venne cioè racchiusa entro l'argine circondario, o coronella, che da Porotto, fiancheggiando il Ladino, giungeva alla Torre del Fondo, costeggiava la Torre dell'Uccellino, quindi San Martino, fino ad arrivare a Marrara. E' invece da attribuire ai Costabili la precedente bonifica della tenuta del Cominale. A Torre del Fondo, dove secondo il censimento del 1590 vivevano, congiuntamente alla villa del Cominale, 721 abitanti, la famiglia dei Pasqualetti, ricchi possidenti della zona, eresse nel 1500 una chiesa dedicata allo Spirito Santo, elevata a parrocchia sotto la dipendenza di Porotto. Nel 1604 però l'immissione del Reno nella Sammartina lasciò le ville di Torre del Fondo, Cominale e Giare nella zona non arginata, cosicché, alla metà del XVII secolo, l'antico paese fu distrutto dalla furia del fiume. Solo quando il Reno venne inalveato nel Canale Benedettino, nel 1767, riprese l'afflusso di abitanti in queste terre ormai libere dalle acque.
Coronella nel secolo scorso Coronella sorse tra il bolognese e il ferrarese, a cavallo della "via della Confina", tanto che ancora oggi questa strada divide la parte del paese amministrata dal Comune di Poggio Renatico da quella afferente al Comune di Vigarano Mainarda.
Anche la storia religiosa risente di questo carattere limitaneo. Il cardinale Gian Battista Nasalli Rocca, arcivescovo di Bologna, e monsignor Ruggero Bovelli, arcivescovo di Ferrara, convennero però nell'unione dei territori delle due diocesi per formare la curazia di Madonna Boschi-Coronella.
Nel 1959 invece monsignor Natale Mosconi divise la curazia e creò due nuove parrocchie, riconosciute civilmente il 20 luglio 1961 dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. Nel 1964, nel centro del paese, in luogo dell'oratorio di proprietà della famiglia Zamorani, venne eretta l'attuale chiesa in stile moderno, sempre dedicata alla Beata Vergine del Rosario: la festa patronale ha luogo la prima domenica di ottobre. La parrocchia di Coronella è retta dal 2005 da don Andrea Frazzoli.
Nel corso della prima guerra mondiale, nel 1917, i prati di Coronella, liberi da alberi e casolari, furono scelti per costruirvi un deposito di munizioni d'artiglieria e di bombe d'aviazione, dapprima dislocate nel Veneto. Prima della sua scomparsa, nel 1926, quel sito fece vivere momenti drammatici quando, nel 1919, esplose parte del deposito denominato Cà Bragliona, fortunatamente senza coinvolgere l'abitato.
oco lontano dal centro del paese si apre l'antica tenuta agricola Ghisiliera, che oggi ospita l'agriturismo che prende il nome dalla Torre del Fondo in cui sorge.
Secondo la ricerca storica condotta dal professor Gianni Cerioli, i primi proprietari documentati con sicurezza furono i Galvani, fattori ducali: un atto del 6 maggio 1532 attesta come Battista Galvani concesse la tenuta a Zamino di Gerardo Galvani, in garanzia di un prestito ricevuto. Allora la tenuta era costituita quasi esclusivamente da terreno boschivo, con salici e canneti, quasi per nulla bonificata e priva di immobili.
La proprietà rimase ai Galvani fino all'8 maggio 1625, quando Girolamo e Baldassare Galvani la vendettero a Francesco e Ludovico Gennaiosi, figli di Onofrio Bevilaqua. In seguito la tenuta finì al solo Francesco, che la incluse alla dote della figlia Bradamante Bevilaqua, sposatasi nel 1647 in seconde nozze con Conte Francesco Calcagnini IV. Fra il 1681 e il 1685 circa Giuseppe Scrofa e la moglie Deianira Calcagnini procedettero alla bonifica della tenuta, costruendo due case coloniche, un fienile e la Torre: un'operazione particolarmente costosa che ne aggravò il dissesto economico.
Ciò costrinse la famiglia alla vendita della possessione, che venne acquistata, con rogito datato 13 maggio 1698, da Gennaiose Francesco Pio Ippolito Ghisilieri di Bologna, che andava acquistando beni a Ferrara e provincia in vista di poter ottenere la cittadinanza ferrarese.
Il nuovo proprietario fece costruire la piccola chiesetta di Santa Lucia, che da oratorio pubblico divenne anche sede della parrocchia della zona di Coronella-Vigarano Mainarda.
Ancora problemi economici furono causa di un'ulteriore vendita, questa volta al Capitano Carlo Antonio Tebaldi, con atto del 6 maggio 1792. Il 9 Maggio 1825 i Tabaldi, dovendosi trasferire a Milano, cedettero la proprietà al Conte Camillo Trotti, che in data 14 maggio 1839, rivendette la tenuta all'ex corsaro Michele Bergando di Antonio, la cui famiglia procedette alla ristrutturazione degli immobili rurali presenti sulla proprietà e alla costruzione di una casa colonica posta fra la Torre e l'oratorio di Santa Lucia. E ancora, il 26 maggio 1846 la famiglia Bergado trasmise la tenuta al Conte Michele Fausto Prosperi, poi un nuovo passaggio a Pietro Paolo Balboni, in realtà un prestanome di Giacomo Nagliati. Il 25 Maggio 1906 i fratelli Tancredi ed Aristide Nagliati, a nome proprio e degli altri loro fratelli, vendettero al Cavalier Guglielmo Zamorani: ancora la famiglia ne detiene la proprietà.
Oggi due sono le principali realtà aggregative del paese.
La Nuova Associazione Carnevale, che organizza, la prima domenica di ottobre, la Fiera della Beata Vergine del Rosario, con luna park, fiera campionaria, animazione, stand gastronomici e spettacolo pirotecnico, e, a maggio, la Festa di Primavera, ovvero il carnevale notturno dei bambini, caratterizzato dalla sfilata dei carri allegorici.
La Polisportiva Coronella, artefice della Sagra dal Caplaz, che si svolge ad agosto presso il campo sportivo e di cui sono protagonisti appunto i caplaz, i cappellacci con la zucca. La società annovera una squadra di calcio, che milita nel campionato provinciale di seconda categoria; le squadre di calcetto maschile e femminile e la compagine di calcio amatoriale, che disputano i campionati Uisp.

Gallo

C'è disaccordo sulla precisa etimologia del nome Gallo.
La derivazione da "gallius", proposta da G. Pardi, non è condivisa dagli altri storici, che non ritengono persuasiva la connessione con la popolazione gallica; E. Cavicchi associa piuttosto il termine a un appostamento di guardie.
Altri studiosi, tra cui A. Franceschini, rilevano come il toponimo abbia diffusione europea nel significato generico di "bosco": il paese in effetti sorse al centro di un antico dosso boscoso, nei pressi del canale navigabile di Malalbergo.
Nella seconda metà del XVII secolo il marchese Alessandro Cervelli, amministratore dei beni non feudali della signoria Estense nella zona della Sammartina, decise di far fronte agli impaludamenti di queste terre, tanto estesi da giungere alle porte di Ferrara, facendo volgere uno dei rami del Reno nella conca del Gallo.
L'invaso, detto "Riazzo del Gallo", necessitò di impegnativi lavori di sterro e risultò di dimensioni tali da essere visibile ancora oggi, alla sinistra della Porrettana procedendo in direzione Bologna, nell'avvallamento conosciuto come "sgarbata".
Il piccolo borgo fu sempre soggetto all'umore del fiume e alle sue rotte, tanto che rimase abbandonato e privo delle risorse che gli giungevano dal vicino centro di Malalbergo, dal quale era sorto e da cui nel Settecento venne definitivamente separato per la costruzione dei maestosi argini del Reno.
Il paese assunse una certa importanza grazie al servizio di posta a cavalli, che, collegando Ferrara a Bologna, fermava a Gallo e ne movimentava gli scambi.
E' possibile trovare attestazione di questa tappa, che si inseriva nel corso del viaggio di sei ore che separava le due città, nella vecchia guida itineraria stampata in francese a Milano nel 1823, in cui si fa riferimento alle bellezze panoramiche, alla comodità dei mezzi e ai luoghi dove il pericolo di essere svaligiati era maggiore.
La diligenza venne soppressa nel 1862, anno dell'inaugurazione dell'asse ferroviario Ferrara-Bologna: ciò fece perdere a Gallo la sua rilevanza. Solo quando la grande strada per Ferrara e Bologna divenne agevole e sicura, il piccolo borgo cominciò a crescere intorno alla sua piazza alberata, circondata da qualche casa a portico.
Proprio in fondo alla piazza venne elevata nel 1712, per volontà della contessa Marescalchi di Bologna, la chiesa intitolata a Santa Caterina de' Vegri: unico edificio sacro della provincia dedicato a questa santa. Nata da nobile famiglia ferrarese, Caterina de' Vegri visse nel monastero del Corpus Domini di Ferrara, poi a Bologna, dove nel 1456 fondò un altro monastero: la festa patronale ha luogo tuttora il 9 marzo.
Anche la chiesa di Gallo fu pesantemente danneggiata dalle alluvioni e venne interamente riedificata nel 1952: al suo interno è conservato un altare di marmi pregiati proveniente dalla basilica di San Petronio. Non solo la chiesa, ma quasi tutto il paese dovette essere ricostruito a causa delle ultime inondazioni. Erano le 0,30 del 27 novembre del 1949 quando la rotta del Reno, per sormonto e cedimento dell'argine sinistro, investì 6mila ettari della pianura ferrarese e gli abitati di Gallo, Poggio Renatico e Coronella.
A questa seguì una seconda rotta, sempre nel medesimo punto: erano le 13 del 14 gennaio del 1951 e vennero sommersi circa 1700 ettari; poi anche una terza, più drammatica, nel febbraio dello stesso anno, quando la fuoriuscita delle acque dalla precedente falla allagò 12mila ettari e gli abitati di Gallo, Poggio Renatico, Coronella, Madonna Boschi, Mirabello, Montalbano e San Bartolomeo in Bosco.
La secolare questione del fiume è stata risolta dal sistema dello scolmatore del Reno, attivo da ormai quarant'anni.
La principale realtà aggregativa del paese è il Gruppo Sportivo Gallo: la società collabora con la parrocchia nell'organizzazione della Fiera di Santa Caterina, il 9 marzo, e dà vita alla Sagra del pesce "A Gallo c'è il mare", nei mesi di giugno e luglio, e alla Sagra del Castrato e della Porchetta, nei mesi di maggio, giugno e settembre. La società sportiva annovera vari settori di attività: il calcio, con le categorie giovanili e una squadra che milita nel campionato provinciale di terza categoria; la ginnastica, con la ginnastica artistica e la danza jazz; il basket, con le categorie giovanili e una squadra che disputa il campionato provinciale di Promozione.

Madonna Boschi

  Il territorio in cui sorge il borgo di Madonna Boschi figura nell'anno Mille fra i feudi dei Conti Malvasia, quindi, nel XIII secolo, venne acquistato per le cacce al cinghiale e alla volpe dalla famiglia Lambertini.
Il suo nome nasce tardi, prendendo spunto da un oratorio dedicato alla Madonna costruito al limite boscoso delle paludi, dove sin dal 1293 il Reno aveva riversato le sue acque nelle valli verso il ferrarese.
L'antico nome "Santa Maria dei Boschi" è legato a un piccolo e prezioso quadretto della Madonna donato nel 1643 da Papa Urbano VIII alla piccola cappella denominata "Cella dei boschi": l'immagine, racchiusa in una cornice argentea a larghi ornati, è un altorilievo policromo in cotto del XVI secolo, proveniente dalla distrutta chiesa del Molinazzo (l'oratorio e il borgo del Molinazzo sorgevano sulla strada verso Poggio, forse un dosso emergente dalle paludi).
In seguito, nel 1738, Papa Lambertini (Benedetto XIV) concesse un privilegio in forza del quale questa Madonna divenne "Patrona dei boschi": da allora l'abitato mutò nome da "Madonna nei Boschi" a "Madonna dei boschi".
Sempre ai Lambertini è da attribuire, nel 1647, la costruzione dell'attuale chiesetta, al posto del precedente oratorio.
L'edificio, di linea bolognese, presenta le capriate scoperte all'uso francescano e un bel battistero marmoreo rinascimentale, proveniente da un'altra chiesa; sul fianco della facciata svetta il campanile con la piccola cupola a spicchi.
Pare che la chiesa di Madonna Boschi sorga in un luogo poco distante dalla famosa rovere detta di Sant'Enrico, la "Rovere dei Boschi", individuata come punto di contatto fra gli antichi territori di Bologna, Modena e Ferrara. Si dice che l'albero fosse stato piantato nel 1222 da una commissione di esperti per la delimitazione dei confini e a memoria dell'avvenimento.
Madonna Boschi venne costituita in curazia insieme a Coronella per accordo del cardinale Gian Battista Nasalli Rocca, arcivescovo di Bologna, e di monsignor Ruggero Bovelli, arcivescovo di Ferrara; nel 1959 monsignor Natale Mosconi divise la curazia e creò due nuove parrocchie, riconosciute civilmente il 20 luglio 1961 dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. La parrocchia di Madonna Boschi è retta dal 2005 da don Andrea Frazzoli.
Poco lontano dalla chiesa, al bivio fra la storica strada della Confina e la strada per Mirabello, è murata sull'altana di un pozzo una lapide posta nel 1883 dal conte Malvezzi per indicare il punto in cui sorgeva sin dal ‘300 la bolognese Torre Verga, demolita nel 1861.
na curiosa testimonianza è offerta poi da una grida, conservata nell'archivio parrocchiale di Poggio Renatico, che venne emanata dal Gonfaloniere di Ferrara e con la quale si condannavano i giochi d'azzardo che nel 1788 si tenevano lungo la strada della Confina. Sono pure annotate le intemperanze giacobine del novembre 1800. Sempre nel 1800 la storia parla di un passaggio di Napoleone Bonaparte: da lui un'antica strada ha assunto la denominazione di via Imperiale. Così come un tempo delimitava il confine fra lo Stato Pontificio e lo Stato di Bologna, questa via segna oggi il confine fra le due parti del paese, comprese l'una nel territorio del Comune di Poggio Renatico, l'altra in quello del Comune di Vigarano Mainarda.
Nel corso della prima guerra mondiale, subito dopo la battaglia di Caporetto, l'immensa prateria a sud del borgo, poiché priva di alberi, casolari e fossati, fu scelta quale sede di un campo d'aviazione americano e di uno della marina da guerra italiana, che sorse poco distante. Di qui, nel 1918, partirono gli aerei per le ultime azioni della battaglia del Solstizio e di Vittorio Veneto, che condussero alla vittoria il nostro esercito. «Gli apparecchi frementi, come da desiderio» sono ricordati da Filippo de Pisis in un brano di prosa scritto in quel tempo a Poggio Renatico, ispirato «dall'ebbrezza di un mondo nuovo apparso d'un tratto». Al termine del conflitto i campi vennero riadattati e utilizzati come centro di addestramento per i piloti dal 1920 al 1940.
Durante la seconda guerra mondiale, in seguito all'armistizio dell'8 settembre 1943, i soldati italiani di stanza al XII magazzino d'Italia, meglio conosciuto come campo d'aviazione di Poggio Renatico, si dispersero: i tedeschi vi subentrarono e scelsero Madonna Boschi per operazioni di controllo di materiale bellico e di conseguente deposito. Dal dopoguerra sono state condotte varie azioni di bonifica per restituire alle campagne la loro sicurezza.
La principale realtà aggregativa del paese è la Pro Loco di Madonna Boschi, che custodisce e promuove il retaggio di questo prestigioso passato, tuttora conservato nelle tradizioni madonnesi. Lo fa dando vita a due rinomate manifestazioni.
La Fiera delle Galanine, con stand gastronomico, eventi musicali, manifestazioni sportive e spettacolo pirotecnico, affonda le sue radici nei decenni finali dell''800: si svolge l'ultima settimana di luglio e prende il nome dalle piccole prugne primizie gialle o scure, oggi quasi scomparse, ma che si potevano cogliere in grande quantità nell'antico bosco.
La Sagra della salamina da sugo al cucchiaio si tiene nel mese di settembre: allora la salamina diviene la regina delle tavole, servita cruda, a fette con purè o, meglio, come vuole la tradizione, al cucchiaio.
Madonna Boschi è patria della salamina da sugo, prodotta da sempre nelle sue case: un'alchimia di ingredienti tramandati di generazione in generazione, al punto di meritare un monumento che accoglie i visitatori proprio all'ingresso del paese.
Questo saporito insaccato rappresenta da oltre cinque secoli una specialità fra le più apprezzate delle nostre terre: le prime notizie risalgono al 1300 e ci arrivano da Guido di Bonaventura, che era pratico nel far salami; mentre nel 1481 Lorenzo il Magnifico scrive a Ercole I d'Este per ringraziarlo del "salame" che gli era giunto "graditissimo".
Oggi la salamina da sugo viene prodotta rispettando rigorosi criteri artigianali: una sapiente mescolanza di carne suina, spezie e vino, sottoposta a una stagionatura di 9-10 mesi e a una cottura in grandi paioli per 4-6 ore.
La Pro Loco ha conquistato con il nobile salume anche la Normandia, riscuotendo un enorme successo al "Marché des echanges internationaux" di Caudebec lès Elbeuf.

Ultimo aggiornamento: 12/08/2024, 14:42

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